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Estratti di altre recensioni del film, + annotazioni a margine del regista.

Recensioni (estratti)

Intanto arrivano altre interessanti recensioni del film da parte di riviste e blog cinematografici.
Ho notato che, generalmente, ove si capisca bene il mio grande lavoro qualitativo registico e fotografico, e ringrazio per le belle valutazioni davvero un pò tutti (qui sotto inserirò qualcosa in merito), diversamente non posso dire di essere stato compreso rispetto a taluni aspetti come la non-linearità del plot che ad alcuni è sembrato in determinati punti “sperimentale“.

Screenshot dal film – Giuseppe spalanca la finestra

Ebbene, la natura indipendente di “A volte nel buio” mi ha permesso di dare alla luce un film sicuramente complesso e coraggioso (a detta di alcuni “troppo”?) all’interno del quale puntare sulle immagini come foriere del racconto stesso, lasciando poi alla struttura legante narrativa il ruolo coesivo del tutto. Le scelte ad alcuni sembrate sperimentali in realtà sono solo forti scelte registiche. Però capisco, all’interno di una epoca come la nostra, che le mie derive estetiche e contenutistiche che affondano le radici nel cinema d’autore europeo di un altro tempo possano apparire addirittura innovative.

screenshot dal film – Gorecki

In realtà non credo sia così, soprattutto pensando a illustri predecessori, da Fellini a Bergman, fino ad arrivare ad Aranofski, autori che spingono la propria visione oltre il limite, consci della possibilità di non essere capiti al 100% ma dotati di quella identità registica e autorale che, nel mio piccolo, anche io rivendico.

Vi lascio con un resumè di valutazioni critiche di vari giornali e blog arrivati a oggi e di cui ringrazio gli autori e le testate.

Screenshot dal film – Gorecki piange

Carmine Cristallo Scalzi, qui alla sua prima prova, mette in scena un’opera ermetica e complicata. Un film simbolista che fluttua tra vari generi, dal dramma all’horror, dall’horror al fantasy. Il film è stato pensato dal duo stesso autore come un’opera visuale all’interno della quale la narrazione potesse svolgersi soprattutto attraverso le immagini; e infatti sono proprio le immagini a essere il punto forte di A volte nel buio.

La qualità del lavoro svolto dietro la macchina da presa, un one man show da parte di Cristallo Scalzi, è ineccepibile, quasi da applausi. Le immagini create, a livello strutturale ed estetico, sono formidabili; l’utilizzo del mezzo espressivo da parte del regista/direttore della fotografia è fluido e ben studiato, diviso tra inquadrature fisse e lenti carrelli. La camera diventa qui una biro, e la calligrafia di Scalzi è perfetta.

(“L’occhio del cineasta”)

Un film peculiare, con una sua complessità intrinseca che si prende i propri tempi, dilatandoli all’inverosimile, forte di tante buone intuizioni e capace di inquietare risvegliando paure ataviche, penalizzato da qualche sbavatura che sfocia nell’incomprensibilità e in un’alternanza quasi disforica tra concitati momenti di choc visivo e altri di pura stasi narrativa, fortunatamente privo dei cliché dell’horror tradizionale – e quindi poco digeribile per gli amanti dei blockbuster – ma di sicuro impatto per chi ama le pellicole atipiche e le ibridazioni di genere. Una notevole opera prima e un interessante esempio di cinema italiano indipendente, da tenere d’occhio

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